
Tempio Di Serapide
Un antico mercato pubblico
Il Tempio di Serapide, tra i monumenti più celebri dei Campi Flegrei, si erge nel cuore del centro di Pozzuoli, a breve distanza dalle rive del porto. Nel 1750, il re Carlo di Borbone, attratto dalle imponenti colonne di marmo cipollino emergenti dalla "Vigna delle tre colonne", avviò uno scavo archeologico che portò alla scoperta del Tempio di Serapide. Nel corso dei secoli, questo sito è diventato un'icona del bradisismo flegreo, con immagini che lo ritraggono ora parzialmente sommerso dal mare, ora completamente asciutto.
Il tempio prende il nome dalla statua di Serapide, dio egizio, attualmente esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La statua raffigura Serapide seduto in trono come giudice dei morti, con il capo coperto da un calathos, simbolo di fertilità, e tendente la mano al cane Cerbero. Nonostante l'ipotesi di un Serapeion menzionato nella lex parieti faciendo, si è rivelato essere un macellum, il mercato pubblico dei commestibili di Pozzuoli. Il monumento, con dimensioni imponenti di 58 x 75 metri, presenta un cortile quadrangolare pavimentato con lastre di marmo proconnesio. I portici che lo circondano, a due piani sui lati lunghi, presentano colonne in granito grigio alto 6,11 metri con capitelli corinzi decorati da motivi marini. L'ingresso principale è dal lato che si affaccia sul mare, in asse con un'ampia aula absidata sul lato opposto. Questa sala, con colonne in marmo cipollino alto 14 metri e pavimento in opus sectile di marmi policromi, ospita nicchie destinate al culto imperiale e ai geni protettori del mercato, inclusi gruppi scultorei attualmente esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Al centro del cortile, svetta una tholos circolare in laterizio, sollevata di oltre un metro dal pavimento e circondata da 16 colonne corinzie in marmo rosa africano, con una fontana ottagonale al centro. La fontana, originariamente coronata da un architrave istoriato, è stata riutilizzata nella Reggia di Caserta insieme ad altri elementi architettonici di pregio. Il complesso include anche botteghe di mercato, latrine e decorazioni scultoree distribuite strategicamente. La datazione del Macellum risale all'età tardo-flavia (II sec. d.C.), con ristrutturazioni in età severiana e una tholos aggiunta nel III sec. d.C. Nonostante il suo stato di degrado successivo all'epoca romana, il Macellum è stato oggetto di interesse per il monitoraggio del bradisismo flegreo da parte di studiosi come Charles Babbage e Charles Lyell. Il complesso, con i suoi resti murari, elementi architettonici e decorazioni scultoree, testimonia la ricchezza e la vitalità della città di Pozzuoli, evidenziando contemporaneamente il fenomeno del bradisismo. Le colonne monolitiche in cipollino, visibilmente intaccate dai litodomi, hanno servito anche come indicatore delle variazioni del livello del mare a partire dalla fine del IV sec. d.C. Il Macellum, abbandonato nel secolo successivo e parzialmente interrato, ha lasciato spazio a una piccola necropoli, segnando la decadenza dello scalo commerciale. Nonostante il suo stato di degrado post-romano, il Macellum ha attirato l'attenzione di studiosi stranieri e viaggiatori romantici durante il Grand Tour, diventando anche sede di un lapidarium istituito da Carlo di Borbone nel 1750 "a uso e diletto dei curiosi forestieri" in prossimità del sito.